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ANALISI di Ermanno Filosa


L'addio di un condannato

Il testo non ha nulla a che vedere col tema principale a cui ho dedicato questo sito, ma ho preferito comunque inserirlo come titolo informativo.
Di seguito una lettera spedita dal borgomastro, un magistrato di Bamberga, Johannes Junius indirizzata alla figlia Veronica; la lettera è datata 24 luglio 1628, in piena epoca della Santa Inquisizione, e viene riportata a testimonianza della sofferenza patita, dell' angosciosa farsa del processo e della deliberata spietatezza degli inquisitori.

Di seguito il testo:


Buona notte e sogni d' oro, mia diletta Veronica. Innocente sono venuto in prigione, innocente sono stato torturato, innocente devo morire. Chiunque finisca nella prigione delle streghe deve o diventare una strega o farsi torturare finchè la sua mente non riesce a inventare qualche storia plausibile.

Figlia mia amatissima, voglio che tu sappia come sono andate le cose. La prima volta che fui torturato assistettero il dottor Braun mio cognato, il dottor Kothendorffer e due strani medici. Poi il dottor Braun mi chiese "Cognato, come mai ti trovi qui?" Io risposi, "Per colpa della falsità e della sorte avversa." "Stammi a sentire, tu", replicò lui, "tu sei uno stregone. Confesserai spontaneamente? Altrimenti faremo entrare i testimoni e il boia." Io dissi, "Non sono uno stregone; riguardo a ciò ho la coscienza pulita."

E allora venne, ahimè, il boia - Dio nell'alto dei cieli abbia pietà di lui - il quale, dopo avermi legato le mani, mi mise i serrapollici e il sangue mi zampillò dalle unghie e da ogni parte, tanto che per quattro settimane non potei usare le mani, come puoi vedere da questa lettera. Poi mi spogliarono, mi legarono le mani dietro la schiena e mi issarono con la carrucola. Allora pensai che fosse arrivata la fine. Per otto volte mi tirarono su per poi farmi ricadere, sottoponendomi a una terribile agonia....

Questo cadde venerdì 30 giugno, e con l'aiuto di Dio sopportai la tortura. Quando infine il boia mi riportò in cella, mi disse: "Signore, la prego, per l'amore di Dio, confessi qualche cosa, vera o falsa che sia. Inventi una storia, perchè non potrà resistere alle torture cui la sottoporranno; e, anche ammesso che ci riesca, non avrà scampo."

Quindi dovetti confessare quali crimini avevo commesso. Rimasi muto. "Tirate su questo furfante!" urlò il giudice. Allora dissi che ero stato sul punto di uccidere i miei figli, ma che al loro posto avevo ucciso un cavallo. Neppure questo bastò. Così confessai di aver sottratto un'ostia consacrata e di averla sotterrata. Dopo questa dichiarazione mi lasciarono finalmente in pace.

Ebbene, figliola cara, ora conosci le mie azioni e la mia confessione, per la quale dovrò morire. E non sono altro che mere menzogne e invenzioni, che Dio mi aiuti.

Buona notte, tuo padre Johannes Junius non ti vedrà mai più.

Lo scrittore aggiunse in oltre, in un proscritto, che i testimoni che lo avevano accusato gli avevano chiesto perdono prima di essere giustiziati, spiegando di aver fatto il suo nome per risparmiarsi altre torture; la stessa ragione per la quale anche lui aveva accusato altre persone.

Nelle ultime parole traspare una profonda disperazione, non oso aggiungere altro poichè penso che la lettera parli da se.

Tratto da:enciclopedia "I misteri dell'ignoto" libro "Magia e stregoneria"

* Il dott. Ermanno Filosa, vive in Santo Domingo, è Presidente dell' Associazione di italiani " AZZURRI NEL MONDO - FORZA ITALIA", e componente del COM.IT.ES. (COMITATO DEGLI ITALIANI ALL' ESTERO - CIRCOSCRIZIONE CONSOLARE DI SANTO DOMINGO - HAITI - GIAMAICA)
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